Don Raffaè è una canzone scritta da Mauro Pagani per la musica e da Massimo Bubola e Fabrizio De André per il testo.
La canzone, tratta dall’album Le nuvole del 1990, è particolare in quanto cantata in napoletano. E’ stata anche incisa cantata in duetto con Roberto Murolo, che l’ha inserita nel suo album di duetti Ottantavoglia di cantare (1992).
_Curiosità-Significato:
Le prime due quartine sono dedicate alla presentazione del protagonista, Pasquale Cafiero, un “italiano medio” potremmo dire, almeno in riferimento al tempo in cui è stata composta la canzone.
La terza quartina descrive la differenza tra il detenuto comune e la persona della canzone, Don Raffaè. Il detenuto comune è considerato una persona spregevole, davanti a cui la guardia non può mai sentirsi tranquillo, perchè o è una persona violenta e incapace di dialogare (brigante), o gente falsa con secondi fini (lacchè: persona eccessivamente servile). Tale “gente”, dice il protagonista, “sputa minaccia e s’a piglia co’ me”.
Don Raffaè invece è diverso ( descritto come “uomo geniale” nella seconda quartina della canzone).
Ed è proprio qui che le cose cambiano. Mentre prima erano i detenuti ad avere secondi fini nei confronti delle guardie carcerarie, stavolta è la stessa guardia, il protagonista della canzone, a rivolgersi a Don Raffaè con tono servile e in cerca di trarre vantaggio dal loro incontro. Lo dimostra perfettamente la quarta strofa della canzone, ed il tono estremamente rilassato del protagonista che addirittura si “sbottona” e si legge il giornale.
Dalla quinta quartina inizia il monologo del protagonista che si rivolge a Don Raffaè e qui si alterna una strofa di autocommiserazione e richieste di vario tipo ad una strofa di considerazioni informali di di tono servile e quasi familiare (“volite a spremuta o volite ‘o café?”, “al maxi-processo eravate ‘o chiù bello”, “Eccellenza”), con cui il protagonista avanza il proprio corteggiamento a Don Raffaè all’italiana, ovvero chiedendo piano piano ciò che vuole, ma alternandole a considerazioni particolari sul caffè.
Ma parte delle richieste formulate da Cafiero sono causate da una situazione tipicamente italiana della società, ovvero quella in cui lo Stato sembra assente. In particolare il protagonista sembra voler fare intendere che Don Raffaè è presente, a differenza delle istituzione dello Stato che sembrano assenti (e che si comportano in un certo senso come i detenuti descritti nei primi versi della canzone).
“Prima pagina venti notizie ventun’ ingiustizie e lo Stato che fa? Si costerna, s’indigna, s’impegna poi getta la spugna con gran dignità”,
“mentre ‘o assessore che Dio lo perdoni ‘ndrento a ‘e roulotte ci alleva i visoni… ”
“Ca’ ci sta l’inflazione, la svalutazione e la borsa ce l’ha chi ce l’ha io non tengo compendio che chillo stipendio e un ambo se sogno a papà”
“A proposito tengo ‘nu frate che da quindici anni sta disoccupato isso ha fatto quaranta concorsi novanta domande e duecento ricorsi”.
L’ultima quartina chiude la canzone con una considerazione informale finale che deviando il discorso del protagonista e sfociando in una considerazione sul caffè esprime il significato dell’intera canzone.
“voi che date conforto e lavoro,
eminenza vi bacio vi imploro
“chillo duorme co’ mamma e co’ me
che crema d’Arabia ch’è chisto café”: