Gli avvocati matrimonialisti: “Il 7% delle unioni termina solo sulla carta per eludere tasse fino a 20mila euro l’anno”. Irpef, Imu, imposte scolastiche e ticket: la truffa allo Stato.
(di Francesca Lagoteta)
Uniti finché il Fisco non vi separi. Per finta, s’intende. «Sposati, che ti conviene», consigliavano i nonni, quando di darsi una regolata non si aveva mezza voglia. Vuoi mettere l’avere a fianco il coniuge ogni volta che ci si lagna per due lineette di febbre o qualora si venga assaliti dal bisogno irrefrenabile di essere ascoltati dall’universo mondo, meglio se nel cuore della notte? Buonanime, non avevano tutti i torti, sta di fatto, però, che oggi sono sempre più gli sposi che decidono formalmente di lasciarsi per sbarazzarsi, almeno in parte, della zavorra di imposte e tasse che gravano sulle famiglie.
L’associazione degli avvocati matrimonialisti stima che ogni anno, su un complessivo di 91mila separazioni, ben 6.400 siano fittizie. Il 7% del totale serve solo a eludere il Fisco attraverso una pioggia di sgravi. Il meccanismo è semplice e rodato. Sulla carta moglie e marito non si sopportano più, sottoscrivono un accordo sugli aspetti economici e personali dell’interruzione del rapporto, si presentano in tribunale – la pratica si può sbrigare anche in Comune o attraverso la sola assistenza dei legali –, quindi recitano le loro parti e incassano l’agognata dichiarazione di separazione consensuale. A quel punto il gioco è fatto. Sotto lo stesso tetto la vita continua come se nulla fosse, salvo per i risparmi che non tardano ad arrivare.
Sul piano fiscale salta il reddito unico familiare, con uno dei due che ogni mese strappa all’altro un sostanzioso assegno di mantenimento. Il più ricco paga meno tasse nella fascia alta del reddito. Il secondo le versa con aliquota Ierpef di solito più bassa. dalla differenza si genera il vantaggio Irpef. Per lo più è sempre lo stesso marito a trasferirsi (mica per davvero!) nella villetta di famiglia al mare, magari a Portofino. La mossa fa sì che entrambe le abitazioni dei furbetti della separazione figurino come prime case. Zero Imu e niente Tasi, tutti soldi che restano nelle disponibilità della coppia. C’è poi il capitolo dei figli. Questi normalmente finiscono a carico della madre, con tanto di sconti su tasse scolastiche e ticket sanitari. La riforma dell’Isee – ora vale anche il reddito del coniuge separato – ha stretto un po’ le maglie, ma qualche sgravio si riesce comunque a ottenere. Inoltre, non saranno euro, ma sono pur sempre vantaggi i balzi in avanti nelle graduatorie sul lavoro dei quali può beneficiare la mamma piantata in asso dal marito.