(a cura di Francesca Lagoteta)
Oggi il tasso dell’obesità vera e propria in Italia è dell’11%. Dato confortante se paragonato a quello di altri Paesi, come Stati Uniti, Gran Bretagna o Irlanda. Ma la tendenza dice che la percentuale salirà al 20% in 12 anni.
Forse è il prezzo da pagare per le comodità della vita moderna, o la conseguenza dell’abbondanza di cibo. Fatto sta che l’obesità è un’emergenza sempre più pressante, anche in Italia. Perché non siamo ai livelli da allarme rosso degli Stati Uniti, dove gli obesi sono il 40%, o del Regno Unito e dell’Irlanda, dove si arriva a circa il 30%, ma certo non c’è da stare allegri: gli obesi secondo l’Istat sono l’11% della popolazione, e, soprattutto, sono in crescita costante visto che a cavallo del 2000 erano sotto il 9%.
«Quel che più preoccupa sono le prospettive: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2030 saliremo al 20%.Non solo: oggi il 45% dei connazionali è sovrappeso, nel 2030 la quota supererà il 50%. Ci avviamo insomma a diventare una nazione in cui oltre due persone su tre avranno un bel po’ di grasso in eccesso. Ci sono peraltro differenze territoriali rilevanti: al Sud l’epidemia di obesità è maggiore, soprattutto per motivi socioeconomici perché per esempio in molte aree del meridione fare attività fisica è più difficile per la carenza di strutture sportive, o anche perché una maggior povertà porta ad acquistare spesso cibo “spazzatura”». Al netto delle differenze, però, stiamo tutti ingrassando. Non faremo forse la fine degli indiani Pima dell’Arizona, che oggi sono obesi in nove casi su dieci, ma stiamo seguendo le loro orme: per centinaia di migliaia di anni hanno vissuto muovendosi e mangiando in maniera frugale, nell’ultimo secolo si sono ritrovati immobili nelle riserve, mangiando cibo scadente a basso costo. E il loro girovita è letteralmente esploso.