In Italia l’industria del gambling continua, nel complesso, a crescere ma il comparto offline perde i pezzi

È una contraddizione evidente quella che si ritrova a vivere il nostro gambling. Una contraddizione che risulta lampante soprattutto per quanto riguarda il settore terrestre. Nonostante sia la modalità che garantisce allo Stato il maggior gettito fiscale, con oltre 5,5 miliardi di euro l’anno, il comparto continua a essere trascurato e mal regolamentato.
A oggi, infatti, manca una legge nazionale univoca: le norme sono affidate alle singole Regioni, creando un panorama disomogeneo che disorienta i giocatori e penalizza gli operatori. Per questo il dibattito sulla regolamentazione del gioco pubblico terrestre è sempre più urgente. È di questo parere Emmanuele Cangianelli, Presidente di EGP FIPE e Consigliere Federale Delegato ai giochi pubblici per la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, intervenuto durante il webinar “Giochi pubblici: il punto sul percorso di qualificazione e sicurezza dei punti vendita”: “Se si vogliono tutelare la sicurezza e la salute degli italiani – ha spiegato l’esperto – è necessario contrastare le offerte illegali, ma anche garantire la sopravvivenza del gioco legale nei pubblici esercizi”. Il presidente ha ricordato poi che bar e sale giochi rappresentano ancora il 53% del gettito erariale, ma sono in costante difficoltà. Per questo un aggiornamento normativo è sempre più urgente.
Le cause della crisi: l’eredità della pandemia
La crisi del gioco terrestre però non è solo normativa. Dopo le chiusure forzate imposte dalla pandemia, molte attività non sono riuscite a riprendersi. Il dato è emblematico: tra il 2023 e il 2024 si è passati da quasi 38.000 locali a 35.500, con una perdita di oltre 2.500 punti vendita. In particolare, sono stati colpiti bar e ristoranti, passati da quasi 33 mila a poco più di 31 mila. Le cause principali di questo crollo sono da un lato l’eccessiva frammentazione normativa, che complica la gestione e aumenta i costi, e lo squilibrio fiscale che penalizza il gioco fisico a vantaggio di quello online. Che infatti continua a crescere in modo esponenziale: dal 2018 al 2024, il settore digitale è cresciuto del 212%, mentre gli apparecchi da intrattenimento nei punti vendita hanno perso oltre il 20% del loro volume. Uno sbilanciamento che ha generato anche una perdita netta per l’erario di oltre 200 milioni di euro nel 2024 rispetto all’anno precedente, causata dalle differenze nei regimi di tassazione.
Una riforma necessaria ma complessa
Certo, regolamentare il gioco non è mai un’impresa semplice. Ne ha parlato infatti Giovanni Emilio Maggi, vicepresidente di Agic, intervenuto all’Italian Gaming Expo & Conference 2025: “È più difficile di quella del gioco online – ha detto – perché coinvolge interessi statali, locali, concessionari, cittadini, e tocca territori con normative regionali diverse e concessioni scadute da anni, alcune addirittura dal 2006”. Ma è un passo in avanti da fare a tutti i costi, per far tornare a crescere un intero comparto economico.

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